Anthony Burgess, nell'articolo "Sprezzante e
spiritoso Cirano" apparso sul Corriere della sera del 21/12/84,
esordisce con queste parole: <<Tutti conosciamo il Cirano di Bergerac...>>.
E' vero, appartiene alla nostra cultura, alla nostra storia teatrale, anche il
giovane meno informato sa che Cirano è <<quello del nasone>> che
dice: <<Ma poi che cos'è un bacio?>> e <<al fin della licenza
io tocco>>. Altro non saprebbe dirci, ma avrebbe così elencato tre
caratteristiche del personaggio: il naso, l'amore, la spada. Che basti questo a
fare di Cirano un personaggio amato dalle platee di tutto il mondo? Certamente
no. E' invece l'abile struttura narrativa del testo che assicura il successo al
Guascone.
Ma se il mitico personaggio di Rostand, sia pure per sentito dire, è nella
memoria di tutti, il testo è poco conosciuto dal nostro pubblico. Oggi
sorprende soprattutto l'abilità di Rostand nel guidarci, senza annoiare,
attraverso le stravaganti imprese del nasuto eroe; abilità frutto dell'evidente
mestiere dell'autore, che usa tutto il materiale letterario e drammaturgico a
sua disposizione. Parafrasando il giudizio di un rispettabile critico, potremmo
dire che: <<...il primo atto del Cirano... è drammaturgicamente un
bellissimo spaccato di "teatro nel teatro"...>>.
Ci sono nel primo atto: <<...due formidabili tirate: quella del
naso... e quella del duello con l'improvvido Visconte... tutte e due sono
"arie" musicali, e tutto questo atto è parete stretto, anzi
discendente diretto del melodramma...>>
Un'altra parentela è quella <<... con il romanzo di cappa e spada
alla Dumas padre...>>
(Queste due ultime caratteristiche la regia si è divertita ad ampliare.)
Inoltre: <<...la terza filiazione, se così vogliamo chiamarla, è
quella del dramma romantico alla Hugo... e si palesa nelle scene più alte, più
intime, in chiusura d'atto... nella prima gran confessione da parte dell'eroe
del dissidio bruttezza-amore...>>
Fin qui l'esperto nostrano, ma Burgess individua << ...un elemento
di tragedia nel Cirano di Bergerac: il fallimento per mancanza di conoscenza di
sè stessi...>>.
E certo l'elenco può continuare a lungo, (il pezzo della luna nel terzo atto
è un tipico esempio di commedia dell'arte: Arlecchino-Cirano che, travestito,
burla lo sciocco innamorato, Pantalone-De Guiche, per permettere a
Florindo-Cristiano di celebrare il matrimonio con la bella Rosaura-Rossana).
Abbiamo allestito questo spettacolo con l'intenzione di usare quello che
Rostand ha usato. Fortunatamente la macchina produttiva (Gigi Proietti celebra
con questo allestimento i vent'anni di attività teatrale) si è mossa con la
stessa agilità della macchina drammaturgica di Rostand.
E' nato così uno spettacolo che sembra interessare e divertire il pubblico,
soprattutto quello giovanile. Senza dubbio l'ultimissima parola della commedia:
"Pennacchio", oltre ad essere la chiave di lettura di tutto il testo,
ha un deciso rapporto con la sensibilità del pubblico giovane, e Burgess lo ha
chiaramente esposto: Cirano muore <<...mentre si vanta
dell'immortalità del suo pennacchio... questa capacità di sprezzo senza
speranza ma elegante rende Cirano caro a tutti noi, ma specialmente ai
giovani... Cirano è meramente (meramente?) un uomo di risorse e di sprezzante
stoicismo... lo stoicismo è una dote che il dramma europeo ereditò dalla Roma
di Nerone... H. Auden ha chiamato questa dote uno stile fatto di disperazione.
Si collega all'esistenzialismo di Sartre e di Camus. E' appropriata alla nostra
epoca, e Rostand, anticipando le nostre esigenze, scrisse una commedia che forse
dice più a noi che al pubblico originale...>>.
In quanto a Cirano: <<...egli è uno dei rari personaggi della
letteratura che sembra vivere al di fuori dell'arco scenico o della copertina
del libro che lo racchiudono. Come Falstaff o Don Chisciotte o Leopold Bloom. A
quanto apre abbiamo bisogno di lui...>>.
Noi non sappiamo quanto si abbia bisogno di lui, ma è certo che a noi Cirano
col suo pennacchio ha fatto riscoprire il gusto di raccontare una storia al
pubblico.
Gigi Proietti e Ennio Coltorti
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