Note di regia

Troppe cose importanti si sono dette su Pirandello, perché io ardisca aggiungere altro. Ed è curioso che tutti gli studi, gli approfondimenti sulla sua poetica siano condivisibili anche se, a volte, opposti l’uno all’altro: “teatro di parola ma a suo modo gestuale”, “teatro del dolore ma ironico” o meglio “umoristico”, “specchio della realtà o specchio della stessa finzione”, “critica sociale della borghesia”, “curiosa contaminatio di tragico e comico”, “indagine introspettiva dell’uomo singolo contrapposto alla società fatta di singoli diversi ma uguali..”. Liolà c’entra in tutto questo? Pirandello, in seguito, a quell’ambiente contadino, a quei personaggi solari, a quelle fertilità a quei balli e canti preferì il mondo borghese più nascosto, claustrofobico. Ma ancora di più, qui, in Liolà, si comprende come l’ipocrisia, l’interesse gretto e meschino e il cinismo siano propri dell’animo umano e non soltanto del borghese, piccolo o alto che sia.
E qui più si evidenzia l’autore “umoristico” (è di pochi anni prima il suo saggio sull’Umorismo) che alterna e mescola cattiveria e pietas, avarizia e generosità, allegria e calcolo e, insomma (per far contenti tutti) realtà e apparenza. Eppure Liolà è leggero quasi vola. La fertilità, il mito della Terra, e dei campi, la felicità sono strascichi di un mondo pagano che sembrano essere ironizzati e quasi derisi fino ad un finale che non ce la fa ad essere tragedia, ma che la sfiora o meglio la graffia. Quindi testo tutt’altro che univoco, permeato com’è da una serie di ironiche evocazioni visive, balli campestri, passioni, Marie, vendemmie. Microcosmo femminile, gineceo all’interno di un mondo culturale e di una società (quella agricola) che sta per dissolversi. Prospettive per il futuro? Insegnare ai figli a cantare…Ecco: avere presenti queste semplicissime riflessioni mentre si cerca di convincere gli attori ad essere tanto finti da sembrare veri (o viceversa…) è il progetto di lavoro della regia.

Gigi Proietti