Le foto che potete apprezzare in
questa pagina sono state scattate da me e Francesca Tagarelli nel corso
delle prove aperte dello spettacolo
tenutesi al Globe di Villa Borghese il 27/9/2003, durante la Notte Bianca che,
alla faccia di blackout e pioggia, finchè è durata è stata bellissima!
Per questo meraviglioso
spettacolo Gigi ha appositamente creato una
compagnia di giovani attori, "...dopo una selezione molto accurata,
perchè giovanissimi sono gli interpreti della storia. Questa è la
difficoltà maggiore... ma questa è la sfida, prestare ai suoi
interpreti, per leggere la storia, gli occhi di un artista che ha avuto su
di sè quelli del pubblico e il suo favore incondizionato..." (note
di Loredana Scaramella, assistente alla Regia del Mandrake).
Si tratta del quarto Shakespeare
affrontato da Gigi, dopo Il Mercante di Venezia
e Coriolano, che l'hanno visto giovanissimo
interprete, e Falstaff e le allegre
comari di Windsor, che è stata la prima regia, ed ha segnato l'inizio
della collaborazione con Angelo Dallagiacoma, traduttore ed adattatore
anche di questo spettacolo.
La cronaca che segue riguarda le
repliche dello spettacolo al Brancaccio nel 2004.
Su una scena unica costituita
esclusivamente di tubi Innocenti, illuminati peraltro da luci livide e
fredde, che richiama la scena del Globe seicentesco, irrompe
improvvisamente, col sottofondo di una possente batteria che scandisce un
ritmo rap, la marmaglia dei Montecchi e dei Capuleti che si affronta. Gigi
ci instilla subito il concetto che Romeo e Giulietta non è solo una
storia d'amore, ma soprattutto di passioni estreme e violente, che
provvede ad illuminare con luci ora caldissime. Il tempo di introdurre i
personaggi, che parlano un linguaggio accessibile a tutti ed infarcito di
doppi sensi a sfondo sessuale (tutti presenti nel testo originale, alcuni
anche intraducibili), e quando i due sfortunati amanti, "avversati
dalle stelle", si incontrano per la prima volta, lo spettacolo si
accende. Allora non c'è più tempo di riprendere fiato tra una scena e
l'altra, anche perchè l'interpretazione dei giovani attori della
compagnia è estremamente fisica, tutto ciò che resta da fare è
abbandonarsi alla poesia di Shakespeare e alla lettura di Gigi, che ha il
pregio fondamentale di essere giovane. E quando si è giovani non c'è
nulla al di fuori della passione.
Poi, stritolato dall'odio
atavico e ormai insensato delle due famiglie nemiche, ucciso da Tebaldo
della famiglia Capuleti, muore Mercuzio sibilando scherzi e maledizioni
che servono a nascondere, forse anche a sè stesso, il rimpianto di
abbandonare una vita che con lui non è stata avara di soddisfazioni, e
tutto il clima dello spettacolo cambia: Romeo, fresco sposo, deve
improvvisamente fronteggiare le conseguenze dell'omicidio di Tebaldo. Una
parte di lui muore nello stesso momento, i presagi oscuri che aleggiano
sulla storia fin dall'esplicito prologo si incarnano. E il concerto per
violoncello di Elgar, con le sue note dolcissime e cupe prende il posto
della batteria, accompagnando passo passo il disfacersi ineluttabile dei
piani umani a confronto col destino.
Le luci sono nuovamente fredde,
il succedersi degli eventi è tanto rapido e simultaneo da non dare il
tempo di riprendere fiato: Shakespeare affida il compito di spezzare
momentaneamente la tensione solo al pragmatismo oggi comico e francamente
inconcepibile del padre di Giulietta e della nutrice, che col cadavere
fresco di Tebaldo organizzano le fatali nozze di Giulietta e Paride, il
colpo di acceleratore verso la tragedia.
Le scene di massa coreografate
splendidamente, i duelli di estrema violenza e rapidità, i costumi
atemporali (perchè senza tempo è la storia di Romeo e Giulietta, o lo
sarà almeno fintanto che gli adolescenti continueranno ad innamorarsi),
che strizzano l'occhio al seicento elisabettiano ma lo sbattono in mezzo
alle strade di oggi, completano il quadro di uno dei migliori spettacoli che rechino la firma
di Gigi Proietti. Un artista che mette al primo posto SEMPRE l'esigenza di
COMUNICARE. Non si comunica quando l'interlocutore si annoia.
Tutti gli attori assecondano
l'idea del loro regista, con prove magnifiche. Alessandro Averone nei
panni di Romeo è uno stupefacente ragazzino isterico per tutto il primo e
secondo atto, ed è un giovane uomo stroncato da un disegno molto più
grande di lui, distrutto, alla fine della tragedia. Un morto che cammina,
fin dall'annuncio errato della morte di Giulietta. Valentina Marziali è
una Giulietta stupefacente, niente affatto angelicata, fisicamente
perfetta per la parte di una quasi quattordicenne che diventa donna, come
accadeva nel duecento, semplicemente per l'aspettativa del primo incontro
d'amore e, se nella scena della festa ancora con impaccio si destreggia con
le armi di cui dispone per istinto l'eterno femminino, mentre attende lo
sposo nel talamo nuziale è una femme fatale. Il Mercuzio di Alessandro
Albertin è potente e guascone, e morendo si esalta trasportando tutto il
pubblico nell'empireo che spetta agli artisti. Massimiliano Giovannetti,
nel saio di Frate Lorenzo, è la saggezza, spiazzante e carismatica,
di un altro giovane cresciuto nella conoscenza, ma pur sempre un giovane,
tanto da contemplare la morte come soluzione ad un problema. Nadia Rinaldi
è un grande personaggio comico quando deve esserlo, ma riesce a
comprimere la pur debordante fisicità in un dolore tanto immenso quanto
muto alla morte di Giulietta. Una menzione d'onore speciale, infine, a
Martino Duane, il padre di Giulietta, che trascina il pubblico in
un'invettiva tanto esaltante quanto violenta e inaspettata; a Gianluca
Frigerio, il Principe, dalla dignità regale; e a Massimiliano Pazzaglia,
padre Montecchi, costretto entro una parte risicatissima e capace, con la
sua sola battuta finale, di dare alla tragedia il suo senso più profondo,
sussurrandola appena sul fresco cadavere del figlio.