Il giovane Proietti ancora
alla ricerca della sua strada maestra non si fece mancare nulla: in questo
"originale televisivo", come ancora si chiamavano prima che l'anglofonia
ci invadesse, si cimenta con il Pirandello delle novelle, opportunamente
riadattato per la televisione.
Qui è Ciro Colli, artista scapestrato che rientra a
Roma dopo tre mesi a Parigi, avendo finito i soldi per mantenervisi, e
trova subito l'occasione per attaccare cappello con una vedovella
appetitosa cui fa assaporare il gusto della libertà e dell'egoismo.
Si tratta di un personaggio allegro, che non nasconde
il proprio cinismo e ne fa un'arma di seduzione, tanto della vedovella
quanto dell'amico artista sfruttato indecorosamente e quindi abbandonato
al suo destino di arte cimiteriale, quanto infine del pubblico che lo ama
o lo odia fin dalla prima inquadratura.
Il Mandrake è ancora leggermente impacciato,
costretto in una recitazione alquanto arcaica, a tratti più preoccupato
dell'esattezza della dizione che di dare un carattere al personaggio, ma
le parti da simpatica canaglia che il volto non proprio classicheggiante
gli procurava sono onestamente tra le mie preferite.
Con Giacomo Piperno il Mandrake lavorerà ancora in Una
morte annunciata, primissimo episodio del Maresciallo Rocca; e
sarà ancora un pittore, un artista alieno dalla politica, nella
meravigliosa Tosca di Luigi Magni.