Programma per la
TV dei ragazzi, quattro puntate dall’8 aprile 1970. La trasposizione
del romanzo di Cervantes si ricollega ai tentativi sperimentali, tipici
degli anni ’70, di proporre prodotti televisivi che stimolino la
partecipazione attiva dei giovani telespettatori. I ragazzi sono ospitati
in uno studio televisivo dalla scarna scenografia e durante la messa in
scena sono liberi di seguire ed incitare gli attori. Secondo il regista si
tratta di un <<esperimento, un tentativo di reinventare il
protagonista del famoso romanzo di Cervantes con la partecipazione di
giovanissimi spettatori posti nella condizione di scoprire da soli il
significato e le implicazioni poetiche di Don Chisciotte della Mancia… i
ragazzi vengono coinvolti nella rappresentazione fino a diventarne parte
integrante>>.
Il
grandissimo Roberto Lerici ha raccontato i retroscena dello spettacolo nel
volume monografico dedicato a Gigi nel 1989 dalla giuria del premio Curcio,
per il quale ringrazio infinitamente (ma davvero!!!) HERICA: Gigi,
appena uscito dal teatro stabile dell'Aquila, amareggiato per
incomprensioni e delusioni, ha accettato con esitazione e timore il ruolo
del protagonista. Bisogna superare il problema dell'età troppo giovane,
ma il modo nuovo e diverso di concepire lo spettacolo televisivo del
regista mette subito Gigi sul binario giusto. Telecamere e microfoni su
giraffe sono a vista, Gigi entra nello studio come sè stesso, insieme
agli altri attori, raggiunge il suo spazio, si veste lentamente del
personaggio, il corpo recita la magrezza allampanata, il gesto nobile
tragicamente ridicolo, le ossa modellano la maglia sdrucita di ferro, il
penoso aderire di un brandello di corazza appeso sul petto, e mostra
improvvisamente un volto senza età, la barbetta a punta, l'occhio
spiritato, l'espressione meravigliata dell'attore che scopre momento per
momento il pensiero dolcemente lunatico, lo stupore perenne di fronte alla
sequela di ingiustizie e di torti da riparare che gli scaturiscono davanti
come oltraggi demoniaci... E' incredibile come, senza trucco particolare,
Gigi assuma sempre di più una maschera di dolente vecchiaia, fatta di
interiore consapevolezza. Alla morte di Don Chisciotte, al centro di un
lenzuolo enorme che copre l'intero studio (...) gli attori attorno a lui,
dopo le ultime parole di rinuncia al suo nome ed alla sua luminosa follia,
piangono veramente... La ripresa televisiva lo testimonia.