Gigi Proietti: A me gli occhi, please

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1976

1983

1991

A me gli occhi, please

Come mi piace

Leggero Leggero

Di Gigi Proietti e Roberto Lerici
1996

2002

Prove per un Recital

Io, Tòto e gli altri

di Gigi Proietti

 

Sono gli spettacoli senza trama in cui Gigi esprime la sua poetica di contaminazione teatrale sulle ali leggere dell’ironia. Rappresentano il tentativo consapevole di trasferire nel teatro popolare alcuni modi tipici del teatro di avanguardia, alla ricerca di un nuovo linguaggio e di una nuova forma di comunicazione non mediata dal regista tra l’attore, la sua memoria ed il pubblico. Senza un attimo di noia, Gigi spazia da Petrolini a Shakespeare passando per l’adorato Magni, lasciando filtrare tra le righe della dissacrazione e della contaminazione di generi il disagio dell’attore, con tutti i suoi vezzi e le sue nevrosi, lasciato solo a confrontarsi con i grandi e con sé stesso. Tutto il repertorio di Gigi si forma in questi spettacoli, che abbracciano l’arco di un trentennio: Amleto, la lezione di sesso, la canzone delle cose morte di Petrolini (che ancora lo salva quando gli chiedono di esibirsi nelle ospitate e non si è poi tanto preparato) fanno parte del repertorio ormai classico, cui si sono aggiunti negli anni maschere esilaranti come Pietro Ammicca, Toto (quello della sauna) ed il vecchietto delle fiabe.

Il capostipite, A me gli occhi, cui solo in un secondo momento è stato aggiunto il please, nasce proprio al Teatro Tenda di Piazza Mancini, diretto da Carlo Molfese, un esperimento tra i tanti dell’irrequieto Proietti, con l’ausilio dei testi di Roberto Lerici, già frequentati durante le registrazioni di Fatti e Fattacci (1975). Aveva anche due altri titoli alternativi, che poi non furono usati: Generi Diversi e Non c’è Mahler. Quest’ultimo titolo voleva ironizzare sul fatto che gli spettacoli che andavano per la maggiore nei teatri pubblici avevano scoperto la musica di Mahler, che perciò era diventata una bandiera dell’impegno. Dice Gigi: Perché a forza di voler essere troppo colti, si finisce per essere ridicoli, si finisce, per esempio, per utilizzare Mahler solo come sottofondo, si casca insomma in una specie di convenzione intellettualistica nella cultura alla moda, quanto, cioè, di più becero e vuoto di significato. In questo nostro spettacolo c’è stata questa scelta che non era programmata, ma facendolo, con Lerici ci siamo accorti di stare nel pieno di una proposta al teatro italiano, una proposta autentica, che è proposta d’attore ma potrebbe essere una proposta di linguaggio anche per altre cose, non necessariamente solo per un recital. Cosa che "A me gli occhi" non è mai stato… C’era insomma la voglia di trovare un linguaggio tutto da palcoscenico, non letterario".

Molfese si ritrovò con un buco di sei giorni nella sua programmazione per l’imprevisto forfait di una compagnia, e Gigi propose il suo spettacolino, che già cominciava a prendere forma allo Stabile dell’Aquila. Doveva restare sei giorni, ci è rimasto quattro anni, sempre con il tutto esaurito, in un periodo nel quale in Italia fioccavano le bombe. Una volta una telefonata anonima informò che una bomba era nascosta nel teatro. Uno degli orchestrali, al sentire la notizia, schizzò via come Shumacher non è mai riuscito a fare dalla pole position, gli altri rimasero in teatro, sudando freddo, mentre le forze dell’ordine setacciavano ogni anfratto tentando di non allarmare il pubblico. Gigi impresse un ritmo forsennato alla rappresentazione che finì molto presto. E per fortuna quella volta si era trattato solo di uno scherzo.

Ma insomma, lo spettacolo divenne rapidamente un trionfo: Federico Fellini, con il quale Gigi avrebbe poi eseguito il doppiaggio di Casanova, si recò a vederlo nove volte; Eduardo de Filippo, alla fine della rappresentazione cui aveva assistito rischiando di mandare in tilt il suo interprete, si alzò in piedi al momento degli applausi, si avvicinò al palcoscenico e baciò le mani di Gigi. Poi andò a trovarlo in camerino. L’allora sindaco di Roma, Argan, tra l’altro un importante critico teatrale, trascinò a vederlo tutto il personale diplomatico americano di stanza a Roma, cosa che valse a Gigi una lusinghiera critica nientedimeno che dal Newyorker. Lo stesso Molfese tentò inutilmente di convincere Gigi a presentare lo spettacolo negli Stati Uniti.

Man mano che le sue azioni salivano presso il pubblico, la critica, che negli anni degli esperimenti lo aveva molto amato, cominciò a maltrattare Gigi, accusandolo di tradimento. Ma Gigi pensava che i problemi sociali non si dovessero risolvere sul palcoscenico, luogo invece deputato alla conoscenza e alla discussione, e la sua politica la faceva portando alla gente della periferia un po’ di Shakespeare, un po’ di Petrolini, un po’ di jazz e di memoria storica.

A me gli occhi, please rappresentò il primo esperimento di un nuovo genere di spettacolo nel quale era l’attore ad interrogarsi sui mezzi e sul significato della sua professione, senza rinunciare alla leggerezza dell’ironia. Ad esso seguirono altri due spettacoli che lo completano e lo integrano: Come mi piace (di cui, grazie alla sterminata raccolta teatrale di ALESSANDRO, potete leggere le note di regia, che corrispondono a tutta la poetica di Gigi, tuttora in progress), con il quale si intendeva criticare il sistema teatrale italiano, e Leggero Leggero, che ironizzava su tutti i vari ismi che infestano il teatro (pirandellismo, goldonismo, minimalismo) e rendeva chiaro per tutti che la voluta assenza di contenuti era di per sé un contenuto. D’altro canto, presentando Leggero Leggero al Sistina, il tempio istituzionale della commedia musicale italiana, Gigi riconosceva l’ingresso nell’establishment dell’eversiva novità che a suo tempo era stata A me gli occhi, please.

Roberto Lerici morì improvvisamente d’infarto nel 1992, lasciando un attonito Proietti a confrontarsi con l’Italia che cambiava e con i suoi dubbi d’attore. Gigi gli dedicò un quarto spettacolo della serie, Prove per un Recital, con il quale ha girato le piazze più importanti d’Italia dal 1996 al 2001, raccontando e raccontandosi con un velo di malinconia in più, e inventando almeno due personaggi indelebili: Giubileo, il barbone coltissimo soprannominato Sciupenauer per via della magrezza, che rimprovera al mondo di non aver capito che l’unico modo per riprendersi il proprio tempo è quello di perderlo; e il vecchietto anonimo delle favole pornolaliche, creato in un’unica prova, di getto, un pomeriggio in cui per fortuna c’era qualcuno che prendeva appunti.

L’ultimo spettacolo della serie è Io, Toto e gli Altri vintage, del 2002, con cui Gigi si è esibito  sul palcoscenico del suo teatro, in cui l’Attore, non riconoscendo nel futuro le promesse che pure devono esserci, rivolge per l’ennesima volta uno sguardo al passato, il suo passato nella fattispecie, per cercarvi quelle idee che ancora non sono state sviluppate compiutamente e dalle quali, forse, potranno nascere le proposte del domani.

Il testo integrale di quasi tutti i brani più famosi si trova nel libro pubblicato dalla Comix "Prove per un libro", dal quale inoltre sono tratte molte delle fotografie di questa sezione.

il baule della finzione

con il baule da tournèe.jpg (29976 byte)

il baule della realtà

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attore d'estrazione popolare

tenendo le redini del pubblico

Rugantino

Leggi le critiche

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con l'amata chitarra

pietro ammicca.jpg (23854 byte)

Pietro Ammicca

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col fumando per il Sistina

La locandina

il vecchietto delle favole

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Giubileo

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Leggi le note di regia

Toto

 

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