Fabio Ferzetti, Il Messaggero di Roma

Alt. Fermi tutti. Stavolta siamo nei guai. Chi sono i fratelli Vanzina lo sappiamo bene, specialmente i lettori del Messaggero . Che negli ultimi vent’anni, fra alti e bassi, abbiano messo in commedia e talvolta in commediaccia costumi e malcostumi d’Italia, è altrettanto pacifico (...) 
Stavolta però i Vanzina l’hanno fatta grossa. Figli d’arte ed esperti cacciatori di generi, non hanno semplicemente aggiornato, reinventato, ibridato vecchie ricette del cinema popolare o del varietà, ma si sono tuffati nel repertorio inesauribile e transnazionale delle barzellette (...) Ma si può fare un film solo di storielle comiche, dementi o sublimi, zozze o sofisticate, per giunta ambientate in epoche e luoghi disparati? Si può, lavorando sulla struttura narrativa, ovvero trovando il modo per incastonarle fino a formare un racconto (quasi) coerente. 
Difatti Le barzellette è forse il film più “d’avanguardia”, ci si passi la parolaccia, dei Vanzina. Un oggetto inclassificabile che è insieme il grado zero del cinema comico e la sua più intima essenza. Un contenitore discontinuo ma affascinante, come le barzellette che veicola e soprattutto gli attori chiamati a farle vivere con i risultati più diversi (...) 
E poi fra tante barzellette ce ne sono diverse irresistibili. In testa quelle interpretate da un immenso Gigi Proietti (...) Qualcuno, magari evocando i sublimi Chiari e Bramieri, dirà che la barzelletta è oralità, immaginazione, allusione, che si consuma al bar e il cinema è di troppo. Ma aspettate di vedere Proietti e ne riparliamo. 

 

Vanzina, campionario di 40 storielle - Nel cast Proietti con una gag che diventerà un classico
Tullio Kezich, Il Corriere della Sera di Milano

Le barzellette possono essere di vari tipi. Quelle che fanno ridere o no, a raccontino e a battuta, all’inglese, quelle sporche e quelle che non si capiscono. Escluse le storielle politiche, nel campionario di oltre 40 barzellette messe insieme dai fratelli Vanzina ce n’è per tutti i gusti, affidate a intrattenitori che vanno dal peppinesco Carlo Buccirosso al trucido Enzo Salvi, dai surreali Fichi d’India all’eclettico Biagio Izzo e alla brava Chiara Noschese, per nominarne solo alcuni. È chiaro che un film intitolato Le barzellette non va in paradiso, ma bisogna riconoscere ai Vanzina di averlo imbastito con professionalità facendo emergere vaghi spunti narrativi e concedendosi molte cadute di gusto senza incappare nelle cadute di ritmo. E Gigi Proietti, formidabile erede della generazione dei «colonnelli della risata», vale il prezzo del biglietto: il racconto del sogno degli amorazzi con le dive, che fa all’attonito Gianfranco Barra, potrebbe diventare un classico come il «Sarchiapone» di Walter Chiari.

 

Esce oggi nelle sale «Le barzellette», l'ultima titanica «follia» firmata dai fratelli Vanzina. Una sfida al genere fra i più insostenibili a livello di scrittura cinematografica. Circa cinquanta battute pescate da tutti i repertori. Mancano però Totti, Berlusconi, la politica italiana, e i soliti carabinieri
Marco Giusti, Il Manifesto

Fare un film composto interamente di barzellette, come nel caso di Le barzellette - Il film, ultima fatica dei Vanzina Brothers, è un'opera titanica (...) È proprio grazie a questa irrefrenabile febbre barzellettistica tra calcio e politica che i Vanzina sono andati a riesumare il barzelletta movie con una voglia, come nel caso dei loro film migliori degli ultimi anni cioè La mandrakata e E adesso sesso, di mettersi in gioco proprio nella riscrittura del genere (...) Anche perché i Vanzina non circoscrivono il campo a un solo tipo di barzellette (...) ma puntano direttamente a tutto l'universo barzellettistico (...) Si ritrovano così alle prese con un nucleo di barzellette classiche molto ampio, anche troppe, visto che sono più di cinquanta, che diluiscono fra i loro comici, che sono poi quelli dei film di natale di Aurelio De Laurentiis, cioè Enzo Salvi, Biagio Izzo, i Fichi D'India, capitanati da Gigi Proietti e Carlo Buccirosso (mediati quindi da La mandrakata), ai quali vanno aggiunti un Max Giusti che fa il marchigiano esperto di barzellette in viaggio di nozze con Chiara Noschese, il bolognese Vito, il fiorentino Marco Messeri, ecc.
Per mettere in piedi un tessuto narrativo i Vanzina scelgono il sofisticato meccanismo del sogno dentro un sogno, cioè della barzelletta dentro un'altra barzelletta. È un piano complicatissimo che rimanda a esempi illustri come il Pasolini della Trilogia della Vita o il Kubrick di Eyes Wide Shut. Visto che questo tipo di scrittura non è pienamente realizzabile con così tante barzellette, o avrebbe bisogno di una regia più moderna o demenziale, i Vanzina si aiutano con delle storielle parallele che possano funzionare da linee guida narrative. (...) A questo aggiungiamo un Proietti che funziona da San Pietro barzellettistico e pare dominare da capocomico il piccolo teatrino degli umani (...) qui le cose non sempre funzionano come dovrebbero e il film ha in fondo lo stesso andamento di quando ascolti una serie di barzellette.
Non tutte fanno ridere, ma il divertimento è assicurato. Era in fondo il rischio dell'operazione, che rimane alta e bizzarra. Restano ovviamente grandi momenti comici, retti soprattutto da Gigi Proietti che ha il coraggio di rischiare la faccia su situazioni che con un altro attore avrebbero potuto precipitare nel cattivo gusto (...)

 

Manuel Monteverdi, La Libertà, quotidiano internet

Le barzellette non tramontano mai. Ad esse sono stati dedicati siti Internet, programmi televisivi, raccolte cartacee, pseudo-monografie alla Totti. 
Ci mancava solamente una rivisitazione in chiave cinematografica (...) in Le barzellette siamo di fronte alla totale mancanza di trama, colmata da una serie di siparietti che vedono protagonisti Carlo Buccirosso, Enzo Salvi, Max Giusti, i Fichi d'India e Carlo “Vito” Bicocchi (...) Con loro, ultimo ma non ultimo, quel Gigi Proietti che, anche quando scende negli Inferi del cinema popolare tricolore, conserva il solito, imprescindibile atteggiamento da grande teatrante. 
Se la sua presenza fosse costante per tutti i 95 minuti di durata, il film viaggerebbe su un binario più che apprezzabile. Con questa formula frammentaria, invece, lo humour fluisce in modo discontinuo perché - fino a prova contraria - far ridere lo spettatore non è per nulla facile ed è una dote che non appartiene a tutti. 

 

Marco Massaccesi, www.filmup.com 

(...) Gigi Proietti, si ritaglia, sopra a tutti, il ruolo di capocomico di questo scalcinato gruppo di attori che allietano la vita dai dolori quotidiani. Alla faccia di critici snob e prevenuti, di intellettuali senza la minima ironia, Vanzina procede il suo percorso cinematografico con una semplicità ed un onestà disarmante, il regista ha queste due grandi doti dalla sua parte, e penso che siano due doti fondamentali per girare qualsiasi tipo di film. Non ha mai tradito il suo pubblico e il suo pubblico non lo ha mai tradito, perché dovrei farlo io?
"Le Barzellette - il film" è un opera quasi metafisica, anti narrativa, divertente e senza un calo di ritmo. Gusto per il trash? Chiamatelo come vi pare, ma se è una risata che mi seppellirà, preferisco che me la faccia fare un film di Vanzina.

Valerio Caprara, Il Mattino di Napoli

Torna all'inizio