Roma, 14 giugno 1800, il giorno della
battaglia di Marengo, vincendo la quale Napoleone si assicurò l’entrata
in Italia. Mario Cavaradossi (Gigi), pittore e giacobino, sta dipingendo
una Maria Maddalena per la chiesa di S. Agnese quando sorprende nella
chiesa Cesare Angelotti (Orsini), prigioniero politico appena fuggito da
Castel S. Angelo negli abiti femminili fornitigli dalla sorella.
Cavaradossi conduce Angelotti, di cui condivide le idee politiche, a casa
sua per nasconderlo, ma nella fuga questi dimentica un ventaglio. Lo
ritrova il barone Vitellio Scarpia (Gassman), reggente dell’alta polizia
romana, che lo usa per istigare il sospetto di Floria Tosca (Vitti),
gelosissima amante del pittore. Seguendola a casa di Cavaradossi, Scarpia
scopre anche Angelotti, che si uccide pur di non cadere nelle sue mani, e
quindi arresta il pittore, che viene condannato a morte. Ma il barone,
bramoso delle grazie di Tosca, le propone un patto: Cavaradossi sarà
liberato se lei acconsentirà a concederglisi. Tosca accetta in cambio di
un salvacondotto che assicuri ai due amanti l’uscita dagli stati romani,
e Scarpia, in presenza della cantante, dà ordine che Cavaradossi venga
fucilato con colpi a salve. Mentre Scarpia brandisce il famoso
salvacondotto, Tosca lo uccide con un coltello, e quindi corre ad avvisare
il suo amante che faccia finta di morire quando udrà i colpi a salve.
Solo che l’ordine impartito da Scarpia è un trucco: Cavaradossi viene
fucilato per davvero e a Tosca non resta che gettarsi dagli spalti di
Castel S. Angelo.
Messa così, non è che ci sia tanto da
ridere, ma in fondo è un’opera. Magni l’ha trasformata in una
godibilissima commedia senza poi dissacrare tanto, solo con la forza della
meravigliosa sceneggiatura.
Non viene ricordato tra i film migliori di
Magni, ma è un errore. Perché è un tenerissimo atto d’amore per l’opera
da cui è tratto, ed è latore di dubbi esistenziali e politici nella
migliore tradizione dei film di Magni. Interpretato splendidamente da
tutti, con una particolare menzione d’onore per Gassman, che dipinge uno
Scarpia da manuale della perfidia, riuscendo tuttavia, con un rapido
sollevare di sopracciglia, anche a donargli qualche tratto umano. Se
inoltre volete sapere cosa sia realmente il romanesco, ascoltate parlare
Gigi e Fiorenzo Fiorentini: scoprirete la vera musica che si canta in riva
al Tevere. Da qui viene Nun je dà retta, Roma, musica di
Armando Trovajoli, parole di Luigi Magni, che diventerà la sigla di
chiusura di tutti gli spettacoli successivi di Gigi, la sua cifra. La
migliore commedia che abbia interpretato al cinema, fatta salva la pace di
Febbre da Cavallo. Un capolavoro assoluto.
Con
Fiorenzo Fiorentini Gigi ha lavorato anche in Villa
Arzilla (1990) e Avvocato Porta, entrambe le serie (1997 e
2000 rispettivamente), con Magni ne La Commedia di Gaetanaccio
(1978) e
I sette re di Roma (1989).
Con
Monica Vitti ha lavorato anche in Gli ordini sono
ordini (1972) e