Gigi Proietti: Un'estate al mare

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2008 Regia di Carlo Vanzina
Con Lino Banfi, Biagio Izzo, Enzo Salvi, Massimo Ceccherini, Nancy Brilli, Enrico Brignano, Ezio Greggio
Film a episodi che inseguiva due obiettivi: in primis, dimostrare che non solo i filmoni americani richiamano la gente al cinema anche d'estate, centrato con un incasso superiore ai cinque milioni di euro a luglio; in secundis, ben più ambizioso, voleva porsi nel solco ghignante della grande commedia all'italiana. E qui vengono le dolenti note.

Perchè i referenti dichiarati di Enrico e Carlo Vanzina, pur sempre i figli di Steno, che al centro di quella grande stagione del cinema italiano sono stati cresciuti, sono Dino Risi e i suoi Mostri, ma forse i tempi sono cambiati e forse sono cambiati gli attori, e il massimo che riescono ad ottenere dal cast che, pure, per questi nostri giorni mediocri può ritenersi stellare, è una galleria di personaggi patetici in massima parte mutuati dalle interpretazioni per lo più televisive che li hanno resi famosi, tutte tormentoni e mossette. Penso naturalmente a Ezio Greggio, che ha costruito una carriera su queste stupidaggini, ma anche a Lino Banfi che rispolvera il suo pugliese macchiettistico e non perde occasione comunque per farci vedere quanto è bravo a piangere, visto che ormai è stato sdoganato come attore completo; e a Enzo Salvi, che non va oltre er Cipolla; e al bravo Biagio Izzo, sempre costretto nella macchietta del gay quando avrebbe ben altre possibilità espressive, come dimostra la scena della seduzione.

Non mi è del tutto chiaro se trovi più angosciante l'idea che questi attorucoli siano gli attuali epigoni non dico dei Totò (lo so da me che accostare il Principe a questo piatto guittume è una bestemmia) o dei Gassman, ma dei Gianni Agus o dei Carlo Campanini, i quali avrebbero in caso tutto il diritto di rivoltarsi nella tomba; oppure l'idea che i Vanzina, che ritengo persone di gusto (non dimentichiamo, please, che Enrico ha sceneggiato Febbre da cavallo) abbiano dipinto il ritratto grottesco di ciò che vedono nell'Italia di oggi, non diversamente da quanto fecero a loro tempo i Risi, gli Scola, i Monicelli, gli Steno. In questo caso, il loro specchio restituisce un'immagine della nostra nazione francamente disperante, e se i critici italiani non avessero tanto la puzza sotto il naso potrebbero anche classificare Un'estate al mare tra i film drammatici. Rimane il fatto che per fare un film veramente grottesco (non mi piace e non lo capisco, ma credo che l'Urlo, per esempio, si possa definire tale) ci vogliono interpreti all'altezza, oppure idee eversive che non mi pare siano proprie dei due fratelli, i quali invece, hanno perseguito, a loro dire, la ricerca della farsa, del divertimento di pancia, affidandosi purtroppo a comiciattoli mediocri quanto i loro personaggi, impostici dall'industria televisiva.

In questo sfacelo, esperimento nell'esperimento, il Mandrake non cerca la satira sociale, ma esplora le possibilità di una ripresa teatrale al cinema: si affida all'esilarante Signora delle Camelie, tratta da uno sketch di Dino Verde, che chiude il suo spettacolo attuale, e i Vanzina, come per tutto ciò che riguarda la sua partecipazione straordinaria, si limitano a regolamentare i movimenti di macchina. E solo quando il Mandrake entra in scena infilando strafalcioni terrificanti, finalmente si ride di gusto. E anche se Gigi recita in souplesse, anche se ci si accorge chiaramente che la sua partecipazione straordinaria è soltanto una marchetta estiva, anche se ha l'occhio al portafogli più che all'arte della recitazione, anche così riesce a dare al suo personaggio quel qualcosa che lo fa svettare su tutti gli altri.

Inutile dire che la massima parte della critica è stata concorde e con la stroncatura del film e con l'esaltazione dell'episodio del Mandrake, come potete scoprire leggendo le critiche

 

 

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