Con
Maurizio
Casagrande, Massimo
de Lorenzo, Susy
Laude,
Juan Diego
Girato a Verbania nei panorami
del Lago Maggiore, vede il Mandrake tornare nei panni di un truffatore,
stavolta geniale e non improvvisato come il personaggio di Febbre
da Cavallo, che si impegna, rischiando la libertà, per aiutare un gruppo di condomini
truffati da luridi delinquenti in colletto bianco tanto simili a quelli
che hanno portato l'Italia sull'orlo del baratro economico, squali avidi e
meschini a causa dei quali nell'autunno 2011 dobbiamo sorbirci in
televisione le pubblicità progresso sull'etica del pagare le tasse.
E ce potevano penzà prima, 'sti bojaccia infamoni scellerati, come
direbbe il nostro amico Romolo.
Lasciando da parte le digressioni, fin qui la trama, buonista come vuole la
tradizione della fiscio nostrana, che solo raramente si espone al rischio
di esplorare il lato oscuro, e anche in quel caso cerca le nozze con i
fichi secchi.
In realtà la storiellina semplice semplice è buona come il pane, che
appunto è semplice: il gruppo di condomini truffati, per quanto
pesantemente caratterizzato, anche con gli accenti, nei tipi classici
della commedia all'italiana, è perfettamente coerente con la semplicità
persino manichea che si vuole mettere in scena; i tutori della legge
soffrono della loro impotenza davanti ai cavilli legali e, pur compiendo
il proprio dovere, sotto sotto fanno il tifo per il fascinoso lestofante;
i cattivi sono viscidi e arroganti come si conviene, e tanto più odiosi
in quanto ben più che benestanti. In questa semplice favola
metropolitana, chè una volta c'erano quelle di Esopo (purtroppo ancora
perfettamente attuali), poi quelle dei Grimm, poi i romanzi popolari e
finalmente la fiscio de casa nostra, si parla di precari che non arrivano
a fine mese e che si chiedono cosa ci sia di eroico nella loro esistenza,
di piccola borghesia sul lastrico per le manovre dei portabandiera della
"finanza creativa", e si sfiorano le lungaggini del nostro
sistema giudiziario che si fa sfuggire tra le maglie chiunque abbia rubato
più di una mela, come ai tempi di Pinocchio. Non a caso, un'altra favola.
E la semplicità è sempre stata l'obiettivo finale del lavoro di Gigi
Proietti, un uomo che nella sua professione ha sempre cercato di
raggiungerne la perfezione, come attore, come regista, come sceneggiatore
(non sapremo mai quanto ci sia di suo nelle battute che recita, ma
fidatevi, è parecchio). Un attore che non rinuncia a divertirsi, che
sublime gigioneggia strappando a più riprese la risata franca, e di
conseguenza sdrammatizzando il fascino da James Bond del suo personaggio,
che peraltro veste i costumi più eleganti che gli abbia mai visto
indossare, ma che sa sempre quando e come frenare senza finire in testa
coda; un attore che riesce a donare con uno sguardo al suo personaggio
molta più vita, molta più storia, di quanta non ne intendessero i suoi
stessi creatori, completamente aderente al ruolo sia pure mentre con
levità lo dissacra (rimasuglio nascosto degli anni di recitazione
"straniata"?), che sia un Maresciallo (e la crescita negli anni
di Giovanni Rocca rimane in questo senso irraggiungibile) dei Carabinieri,
un avvocato sfigato, un santo oppure un affascinante, romanticissimo, anziano
truffatore che confessa la piccola vanità di tingersi i capelli, poi
completa la truffa epocale da cinque milioni di euro sulle note di Toreador
e si arrende alla figlia adorata da lontano su quelle di E lucevan
le stelle, facendosi trovare sul divano, elegantissimo e sbarbato di
fresco, come una Maja desnuda e spargendo sul teleschermo quintali di una
cosa ormai desueta* come la dignità.
In Italia, attori come questo non ce ne sono più. Negli Stati Uniti si
tratta in genere di bravi professionisti che frequentemente mitizziamo
solo in ragione della nostra piaggeria esterofila, diretta conseguenza
della sconfitta in quella seconda guerra mondiale in cui ci hanno
trascinato gli avi degli attuali "governanti" che hanno a loro
volta tragicamente tradotto nella realtà più brutale la celebre terzina
dantesca "Ahi, serva Italia, di dolore ostello, nave
sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma
BORDELLO".
Gigi Proietti è un miracolo costante di arte, mestiere,
professionalità e professionismo, portatore coerente e vivaddio sano di
profonda onestà intellettuale, che dovrebbe essere portato ad esempio e
studiato nelle università, quelle stesse che in Italia laureano Valentino
e Vasco Rossi ma solo di recente si sono degnate di riconoscergliene una
in Scienze delle Comunicazioni.
Oooh, mo' me sento meglio!
Audience di 5.487.000 spettatori e 21,06% di share nella prima
serata, 4.823.000 spettatori e 17,96% di share nella seconda. Gli
italiani...
*Sì, Gigi, lo so che è un'aggettivazione che non
ami. Io invece sì, molto. Ciàpa! :P